lunedì 22 agosto 2011

Un rabbino che sposa lesbiche e gay

http://www.time.com/time/world/article/0,8599,2087274,00.html?xid=newsletter-europe-weekly

Purtroppo, il rabbino in questione non sposa coppie lesbiche e coppie gay - con l'aiuto dei suoi collaboratori, combina matrimoni tra maschi ortodossi gay e femmine ortodosse lesbiche; alcuni di questi matrimoni sono stati 'benedetti' da figli.

Voglio essere comprensivo, ed avvertire che la tradizione ebraica ortodossa svaluta fortemente il sentimento che nell'Europa (ex-)cristiana chiamiamo amore; quando si passa dagli ortodossi agli ultra-ortodossi, scopriamo che la maggior parte dei matrimoni eterosessuali contratti da questi ultimi è combinata, e potrebbe darsi che codesti matrimoni tra marito gay e moglie lesbica non siano molto peggiori degli altri.

Però questi matrimoni partono certamente male, visto che ambo i coniugi cominciano vergognandosi di se stessi e di ciò che desiderano; ed anche se l'accordo tacito in molti di questi matrimoni è di non indagare sulle relazioni extraconiugali del coniuge, ognuno dei coniugi finisce con il diventare il carceriere dell'altro.

O perlomeno il garante della rispettabilità dell'altro. Tra gli ultra-ortodossi ci si sposa non appena lo consente la legge (17 anni in Israele), in quanto la masturbazione ed il sesso extraconiugale sono considerati un grave peccato, e chi arriva a venticinque anni ancora scapolo è sospetto - ed in ogni caso è considerato "troppo vecchio" per trovare un buon partito.

Questi matrimoni non avvengono per libera scelta, ma il più delle volte per copertura (ed infatti non vedo nomi dei coniugi di questi matrimoni), e qualche volta per sincero desiderio di genitorialità - ma non risolvono i problemi di nessuno.

L'articolo indica due siti web, di cui indico la breve introduzione per i lettori di lingua inglese:

  1. http://www.kamoha.org.il/?cat=485 - il sito del rabbino di cui parla l'articolo;
  2. http://havruta.org.il/english - un'organizzazione di gay religiosi, che si rende conto che questi matrimoni non sono una soluzione, ma non vuole uscire dai "quattro cubiti della Torah".
Raffaele Ladu




P. S.: Leggete qui:


http://fasciesodomatti.blogspot.com/2011/08/peggio-la-toppa-dello-strappo.html

gli sviluppi della situazione.






domenica 21 agosto 2011

Uno spiraglio di visibilità e speranza per lesbiche e gay egiziani

[1] http://www.washingtonpost.com/lifestyle/style/egypts-gays-hope-for-change-in-culture-after-revolt/2011/08/15/gIQAOiskQJ_story.html

[2] http://www.facebook.com/pages/A-Gay-Pride-March-for-Egypt-in-2020/189819907732875

L'articolo [1] riassume le peripezie della comunità LGBT egiziana, dicendo che l'aver molte lesbiche e gay partecipato alla rivoluzione ha attenuato il malanimo contro di loro, e descrivendo una situazione che sta tornando come quella degli anni '90, in cui la gioventù LGBT cairota aveva abbassato la guardia e si era resa più visibile.

Allora, si dice, la famiglia Sadat punse sul vivo Mubarak accusandolo di avere un collaboratore gay, ed il Faraone reagì facendo ripiombare l'Egitto nell'oscurantismo; ora si spera che i Fratelli Mussulmani ed i Copti non guastino la festa.

L'articolo termina raccontando un evento che potrebbe essere significativo: in un vicolo del centro del Cairo, pieno di caffé con i tavoli all'esterno, un barista si era infastidito perché i suoi clienti gay, che prima tenevano un profilo basso, ora si erano resi più visibili, anzi, "ostentati", e se ne era lamentato con i militari.

Una sera questo barista cala l'asso: mentre i militari stanno in agguato, pretende dai clienti gay (e solo da loro) un coperto di 12,00 dollari USA = 71,66 lire egiziane = 8,34 Euro, per avere il pretesto per far intervenire i soldati.

Ma nemmeno al Cairo ci sono gay senza frociarole, ovvero amiche femmine (il più delle volte etero) che li adorano, le quali si dispongono in cerchio intorno ai loro amici gay dicendo ai soldati: "Se volete portarli via dovete passare su di noi!"

I soldati capiscono che non è aria, e battono in ritirata - pare che il barista si sia rassegnato ad avere delle "matte" tra i clienti, e non ha più preteso il coperto!

La pagina [2] su Facebook si propone di organizzare per il 2020 un Gay Pride al Cairo. Chissà che in nove anni questo non diventi possibile!

Raffaele Ladu

mercoledì 17 agosto 2011

Problemi per i gay che servono nelle forze armate israeliane

http://www.haaretz.com/print-edition/news/gay-and-lesbian-idf-soldiers-complain-of-widespread-sexual-harassment-1.378810

L'articolo dice che, malgrado tutti gli sforzi delle forze armate israeliane, più del 40% dei soldati LGBT ha subìto molestie durante il servizio militare. Il 40% ha riferito di aver ricevuto insulti, e nel 4% dei casi c'è stato abuso fisico.

Secondo il 45 degli intervistati, sono molto frequenti i commenti omofobi; nelle unità combattenti, la cifra sale al 59%.

Le forze armate israeliane replicano che tutti gli abusi denunciati vengono investigati, e che le forze armate israeliane arruolano tutti gli idonei senza badare al loro orientamento sessuale.

Raffaele Ladu


martedì 9 agosto 2011

Una preoccupante proposta di legge

Nell’articolo si riferisce di una proposta di legge assai inquietante che intende stabilire che:

  1. Il carattere ebraico dello stato d’Israele deve prevalere sul suo carattere democratico;
  2. La legge religiosa ebraica (nella sua interpretazione ortodossa) deve ispirare l’attività legislativa e giudiziaria, nonché colmare le lacune dell’ordinamento;
  3. L’arabo smette di essere lingua ufficiale del paese.
Questa proposta è di “Hoq Yesod = Basic Law = Legge Fondamentale”, ovvero di rango costituzionale (una vera costituzione scritta Israele non ce l’ha ancora), quindi soltanto un’altra Legge Fondamentale potrebbe abrogarla.

Tutti i tre punti sono gravi, soprattutto il secondo: come ho già detto in un’altra occasione, mentre per il cristianesimo e l’islam gli “infedeli” sono infedeli solo per caso, le discriminazioni che ci sono state nella storia contro di loro erano volte alla conversione, ed hanno potuto essere superate in quanto si riconosceva a tutte le persone la medesima essenza (vedi le Tanzimat ottomane e, un secolo dopo, il comportamento dei partiti democristiani europei), non così è per l’ebraismo ortodosso (le altre correnti ebraiche la pensano diversamente).

Per l’ebraismo ortodosso gli ebrei sono metafisicamente diversi dagli altri esseri umani – la Qabbalah lo esprime molto chiaramente scrivendo, a partire dal 1200 circa, che gli ebrei sono stati creati dalla “Sitra De-Qedusha = Lato Santo” di Dio, mentre i gentili dalla “Sitra Ahra = Altro Lato”, cioè malvagio, di Dio.

La legislazione religiosa ebraica ortodossa cerca di favorire in ogni modo gli ebrei nei confronti dei non ebrei, ed un paese che si ispira a codesta legislazione non può non ispirarsi a questa presunta differenza ontologica tra ebrei e gentili. E codesta presunta differenza ispira l’etnocentrismo nel caso migliore, il razzismo nel caso peggiore.

Questo gli ebrei lo sanno benissimo: tutte le volte che si è discusso del fatto che Israele si autodefinisce come “stato ebraico e democratico” era evidente che i due termini andavano interpretati non come un’endiadi (cioè come se “ebraico” e “democratico” fossero la stessa cosa) ma come i due poli di una difficile dialettica, con l’”ebraico” ed il “democratico” che non fanno che litigare tra un compromesso e l’altro.

Codesta proposta di legge stabilisce che non ci saranno più compromessi: l’”ebraico” vincerà a tavolino sul “democratico”.

Tra l'altro, come faceva notare Aviezer Ravitzky, un ebreo ortodosso, ma di pensiero liberale, di straordinaria intelligenza, e fautore della separazione tra religione e stato, il diritto pubblico ebraico non ha più avuto bisogno di evolversi dopo la distruzione del Secondo Tempio, nel 70 DC, perciò è poco articolato e contiene pure delle assurdità che da altre parti della legge religiosa ebraica (come il diritto di famiglia) sono state rimosse.

Non c'è alcuna garanzia che la legge religiosa ebraica sia ora in grado di governare la 4ta potenza militare e la 24ma potenza economica mondiale!

Infine, l’eguaglianza delle persone davanti alla legge non è soltanto il prodotto di una visione dell’umanità, ma è anche la migliore garanzia che le leggi ed i provvedimenti siano sensati, perché chi li fa è anche chi li subirà. Ma questa garanzia viene programmaticamente rifiutata dalla legge religiosa ebraica ortodossa - ed infirmata negli stati sociali odierni, in cui sono molto comuni le leggi che erogano privilegi fiscali a determinati gruppi di pressione ... oops, volevo dire persone.

Per quanto riguarda il punto 3, sulla lingua araba, ha il pregio dell’onestà. Vi faccio un esempio che si può verificare non appena si arriva all’aeroporto Ben Gurion: anche in Israele ci sono i cartelli che indicano le uscite d’emergenza, con lo sfondo verde e l’omino bianco che fugge nella direzione indicata dalla freccia.

Ma in Italia c’è solo il disegno, in Israele c’è anche la scritta “Yetziah”, che in ebraico vuol dire “uscita”. E la scritta “7uruuj”, che in arabo vuol sempre dire “uscita”? Non c’è. Le vite degli arabi non valgono come le vite degli ebrei.

Già Israele si è distinto con una legge illiberale ed antidemocratica come quella sul boicottaggio, ora rischia di escludersi definitivamente dal novero delle nazioni civili. E, osservate, nemmeno gli uomini d'affari israeliani ne sono contenti, come mostra questo editoriale in inglese di Globes, l'equivalente israeliano del WSJ:


Raffaele Ladu

Il boicottaggio ha impedito il pinkwashing

In questa pagina web:
è pubblicato un comunicato congiunto dell'Organizzazione Internazionale dei Giovani e degli Studenti LGBT e dell'Organizzazione Giovanile Gay israeliana, con il quale si annuncia il ritiro della candidatura di quest'ultima ad ospitare l'Assemblea Generale IGLYO nel Dicembre 2011 - qui si aggiunge che l'assemblea si terrà il 17 Ottobre 2011 ad Amsterdam.

La proposta di tenere tale assemblea in Israele suscitò ferocissime polemiche da parte dei palestinesi e dei loro sostenitori, i quali avevano visto in quest'iniziativa una sorta di "pinkwashing", ovvero un tentativo di risollevare la declinante immagine di Israele attirando l'attenzione sulla sua "gay-friendliness" (molte cose che le persone LGBT danno per scontate in Israele noi in Italia ce le sogniamo ancora) per distrarla dalle sue politiche oppressive.

Le pressioni sono state molto forti, ma forse non avrebbero raggiunto lo scopo se non ci si fosse messa di mezzo la Knesset, il parlamento monocamerale israeliano, che ha approvato la cosiddetta "legge sul boicottaggio", che permette a chiunque si ritenga danneggiato da un qualsiasi discorso che possa aver indotto altre persone a boicottare Israele od i suoi prodotti, a chiedere un risarcimento danni "esemplare", cioè senza neppure la necessità di provare che il danno ci sia stato davvero.


La legge ha suscitato ferocissime polemiche in Israele, ed anche nella Diaspora, nonché le (timide) proteste del Dipartimento di Stato USA - e non sono stati solo i polemisti di sinistra (ovvio bersaglio della norma) a protestare, ma anche alcuni esponenti di destra che hanno detto che una legge del genere non era per nulla opportuna.

A quel punto, perseverare nel tenere l'assemblea in Israele avrebbe davvero significato prestarsi ad un "pinkwashing", e nessun movimento LGBT si può permettere il lusso di dare ad intendere che gli unici diritti che per esso contano sono quelli dei gay.

Va però aggiunto che il movimento LGBT arabo, pur ammirevole perché sopravvive in terribili circostanze, sta commettendo l'errore di posticipare le rivendicazioni LGBT rispetto a quelle legate alla causa palestinese; alcuni esponenti arabi hanno infatti detto che la conferenza in Israele avrebbe attizzato l'omofobia, ovvero costoro temevano di essere considerati quinte colonne israeliane, mentre altri, quando si fa notare che la vita gaya in Nordafrica e Medio Oriente è assai grama (tant'è vero che il fenomeno di chi preferisce beccarsi l'HIV anziché rischiare di farsi identificare comprando preservativi pur non essendo sposato sta raggiungendo proporzioni epidemiche), subito cambiano discorso parlando di "pinkwashing".

Il risultato è che costoro lottano solo per l'"emancipazione dei popoli", non per i diritti umani, civili, sociali e politici, di loro stessi come dei palestinesi e di tutte le persone, e se loro avessero pieno successo non farebbero che sostituire un despota con un tiranno.

Si sta svolgendo sotto i nostri occhi la "Primavera araba", e la seguiamo con simpatia, ma non è ancora garantito che il risultato finale sia la libertà e la democrazia - e questo dipende anche dal coraggio degli LGBT arabi.

Raffaele Ladu