Una mia amica israeliana mi ha regalato il libro, che ho letto con piacere; l'argomento (l'ebraicità di Gesù) sarebbe di per sé poco interessante per il nostro blog (che si occupa di questioni ebraiche ed LGBT), ma ci sono alcuni motivi che m'inducono a parlarne.
Rav Shmuley Boteach è uno dei rabbini (ortodossi) più popolari negli USA (nel suo sito web si permette il lusso di definirsi "America's Rabbi = Il Rabbino dell'America"), ed il suo libro Kosher Sex ha avuto molto successo anche in Italia - posso dire che è interessante e liberatorio, ma ahimé congegnato solo per gli etero.
E rav Boteach si è guardato bene dal mettere la sua firma in fondo alla Declaration On The Torah Approach to Homosexuality che ho tanto criticato qui; e non è un caso, perché la sua opinione sull'omosessualità l'ha espressa sul suo sito in quest'articolo del 2010.
Secondo Boteach, l'omosessualità è un problema religioso e non morale (altri direbbero che è un peccato e non un reato), perché una relazione omosessuale tra adulti consenzienti e non altrimenti impegnati non fa male a nessuno; ed anche dal punto di vista strettamente ebraico, avere rapporti omosessuali è della stessa gravità del mangiare suino, dell'accendere il fuoco di sabato, del mangiare pane lievitato nella settimana di Pasqua - sono trasgressioni del volere divino, ma non fanno male al prossimo, e di questo anche un ebreo religioso deve tener conto.
Se poi un ebreo omosessuale si angoscia perché vorrebbe formare una famiglia etero, ma questo è incompatibile con il suo orientamento, Boteach gli spiega che i comandamenti che un ebreo deve osservare sono 613 - se non può osservare quello di astenersi dai rapporti omosessuali, e quello di sposarsi e procreare, gliene restano comunque 611 con cui santificarsi: si concentri dunque su quelli!
Per quanto riguarda l’accusa che l’omosessualità nuocerebbe alle famiglie eterosessuali, lui risponde sarcasticamente che gli eterosessuali stanno già riuscendo a rovinarsele da soli – e che per lui è il divorzio un’emergenza sociale, non l’omosessualità; non è perciò il caso di andare in cerca di capri espiatori.
Ed in un altro articolo del suo sito lui spiega che la preoccupazione ossessiva dei cristiani evangelici per l’omosessualità è controproducente, perché li marginalizza politicamente, e questo gli dispiace perché li ritiene ottimi amici di Israele e condivide con loro molti valori.
Curiosamente, è una posizione molto simile a quella del settimanale conservatore inglese The Economist, che tifa per i repubblicani nelle prossime elezioni presidenziali, ma vuole un candidato moderato in economia (non si può praticare il liberismo selvaggio in tempo di crisi economica), e che non sia posseduto dall’omofobia – perché per The Economist i diritti LGBT sono diritti umani.
Tornando a Boteach, per lui la soluzione al problema dell’omosessualità è l’unione civile – perché lui ritiene che il matrimonio debba essere solo eterosessuale, ma dice anche che il passo biblico: “Non è bene che l’uomo sia solo” (Genesi 2:18) vale anche per i gay, e quindi occorre consentire anche a loro di creare un rapporto stabile e socialmente riconosciuto.
Se poi aggiungiamo il resto del versetto: "Io gli farò un aiuto che sia adatto a lui", viene il sospetto che per Boteach Dio non crei l'anima gemella (in yiddish viene chiamata "basherte" se femmina, "basherter" se maschio) soltanto per gli etero, come vuole la tradizione ebraica, ma anche per le lesbiche ed i gay. O forse non vuole parlare di matrimonio arcobaleno per non arrivare a questa conclusione? La questione è aperta.
Il pensiero di rav Shmuley Boteach non è il massimo: dire che un gay può adempiere a 611 comandamenti, ed un etero a 613, li mette inevitabilmente su due livelli di santità diversi - anche se di molto poco; e, come hanno già osservato i giudici che hanno confermato l'annullamento della Proposizione 8 in California, offrire un'"unione civile" al posto del "matrimonio", anche se l'unica differenza è nel nome (come appunto in California), è discriminatorio perché il nome del "matrimonio" è più onorato.
Però ... se tutti gli eterosessisti fossero come rav Shmuley Boteach, tutti (eterosessisti compresi) staremmo decisamente meglio.
Oltretutto, il libro di cui sto parlando parla tanto di Gesù quanto dell'attualità politica americana - e penso che si possa riassumere l'opinione di Boteach in proposito così: "Vorrei uno sfidante repubblicano ad Obama che si concentrasse sulle cose davvero importanti e non sciupasse il suo tempo con una bazzecola come il (tentativo di proibire il) matrimonio gay!"
Il capitolo 40 del libro, "The hyphen that unites us - Il trattino che ci unisce", meriterebbe di essere tradotto per intero, e lo farò in un successivo post; qui lo riassumo dicendo che Boteach afferma che il problema principale delle famiglie (etero) americane è il tasso di divorzio che ha ormai raggiunto il 50%; lui è figlio di divorziati, e dice che né i suoi genitori né alcuna delle molte coppie che ha seguito in oltre ventidue anni sono entrati in crisi coniugale per colpa del movimento gay e delle sue conquiste.
Eppure a risolvere i problemi delle famiglie (etero) americane che non riescono ad evitare di divorziare per diversi motivi, tra cui il non potersi permettere aiuto professionale (Boteach propone di rendere fiscalmente deducibile il counseling coniugale, perché dice che chi vi ricorre normalmente riesce poi a salvare il matrimonio), gli evangelici americani non sono stati capaci di dedicare una frazione delle energie che hanno speso per sostenere la Proposizione 8 contro i matrimoni gay in California.
Le scelte politiche di Boteach non sono le mie, ma le sue critiche le meriterebbero anche i politici italiani che si riempiono la bocca parlando della famiglia, ma all'atto pratico sono capaci solo di accanirsi contro le persone LGBT. Tanto di cappello a chi mostra di avere cervello!
Il libro dedica solo un capitolo a queste cose; però fa luce su una cosa che secondo me spiega il fenomeno dell'"imitazione servile" [mimicry] di cui mi sono lamentato qui: Boteach prova grande ammirazione e gratitudine per i cristiani evangelici, che hanno valori simili ai suoi, amano molto Israele, ed il fatto che (secondo lui almeno - non ho controllato) costituiscano il 60% dei soldati americani significa secondo lui che sono pronti a combattere per la libertà e la giustizia.
Il capitolo 40 del libro, "The hyphen that unites us - Il trattino che ci unisce", meriterebbe di essere tradotto per intero, e lo farò in un successivo post; qui lo riassumo dicendo che Boteach afferma che il problema principale delle famiglie (etero) americane è il tasso di divorzio che ha ormai raggiunto il 50%; lui è figlio di divorziati, e dice che né i suoi genitori né alcuna delle molte coppie che ha seguito in oltre ventidue anni sono entrati in crisi coniugale per colpa del movimento gay e delle sue conquiste.
Eppure a risolvere i problemi delle famiglie (etero) americane che non riescono ad evitare di divorziare per diversi motivi, tra cui il non potersi permettere aiuto professionale (Boteach propone di rendere fiscalmente deducibile il counseling coniugale, perché dice che chi vi ricorre normalmente riesce poi a salvare il matrimonio), gli evangelici americani non sono stati capaci di dedicare una frazione delle energie che hanno speso per sostenere la Proposizione 8 contro i matrimoni gay in California.
Le scelte politiche di Boteach non sono le mie, ma le sue critiche le meriterebbero anche i politici italiani che si riempiono la bocca parlando della famiglia, ma all'atto pratico sono capaci solo di accanirsi contro le persone LGBT. Tanto di cappello a chi mostra di avere cervello!
Il libro dedica solo un capitolo a queste cose; però fa luce su una cosa che secondo me spiega il fenomeno dell'"imitazione servile" [mimicry] di cui mi sono lamentato qui: Boteach prova grande ammirazione e gratitudine per i cristiani evangelici, che hanno valori simili ai suoi, amano molto Israele, ed il fatto che (secondo lui almeno - non ho controllato) costituiscano il 60% dei soldati americani significa secondo lui che sono pronti a combattere per la libertà e la giustizia.
Ammirazione e gratitudine possono essere uno dei veicoli dell'imitazione servile; Boteach riesce a non imitare la loro omofobia, ma altri ebrei americani ed israeliani non sono altrettanto accorti, ed i risultati si vedono.
Lo scopo del libro, più che di situare Gesù nell'ebraismo del suo tempo, sembra quello di rinsaldare i rapporti tra ebrei (ortodossi) e cristiani (evangelici), mostrando che cosa li accomuna e che cosa può allontanarli se non si sta attenti; il problema che più sottolinea Boteach è che gli ebrei non praticano il proselitismo verso gli altri e non vogliono che lo si pratichi nei loro confronti.
Per fare questo lavoro di chiarimento ed avvicinamento, Boteach rimarca quanto dell'insegnamento di Gesù abbia radici nella Bibbia ebraica e negli insegnamenti che confluiranno nella letteratura rabbinica - ed in questo si dimostra assai bravo; aggiunge che la redazione del Nuovo Testamento è stata piuttosto tormentata in quanto per la Chiesa primitiva era essenziale distaccarsi dagli ebrei ed avvicinarsi ai pagani - e nel descrivere l'"editing" che l'NT può aver subito per questo non se la cava male, anche se uno studioso del Nuovo Testamento avrebbe fatto meglio; quando però cerca di dimostrare che gli evangelici sono molto più ebrei di quanto se rendano conto, mostra una conoscenza superficiale della teologia cristiana.
Definirei il libro un buon tentativo, utile soprattutto per i principianti – per chi vuol progredire sono usciti e stanno uscendo diversi altri libri sull’argomento, e Boteach consiglia a chi va a caccia di paralleli tra la vita e l'insegnamento di Gesù e quelli degli altri rabbini questo sito.
Raffaele Ladu
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