Era già stata data qui la notizia: il rabbino capo della comunità ebraica ortodossa di Amsterdam, Ariyeh Ralbag, aveva siglato questo documento, insieme con altre 207 persone, tra cui 150 suoi colleghi, in cui sosteneva le terapie riparative dell'omosessualità.
La cosa non è andata giù ai vertici della comunità ebraica, che lo ha sospeso dall'incarico [non c'è infatti nell'ebraismo una gerarchia paragonabile a quella cattolica: ogni comunità sceglie il proprio rabbino] finché questi non ha ritrattato.
La cosa non era finita lì, perché la Conferenza dei Rabbini Europei aveva preso qui le difese di Ralbag, ritenendo inconcepibile che un rabbino venisse sospeso dall'incarico per aver riaffermato l'opposizione della Torah alle unioni omosessuali - come vedete più avanti, non era questo il merito.
Su Forverts/Forward, una gloriosa rivista ebraica americana, progressista nelle questioni sociali ed LGBT, Avi Shafran, portavoce di Agudath Israel of America, ha voluto chiarire la posizione della propria organizzazione sulla questione in quest'articolo pubblicato oggi.
Trattandosi di un'organizzazione ebraica di peso, penso che sia opportuna una risposta. Shafran spiega che il fatto che un* ebre* sia omosessuale non lo rende degno di disprezzo, ma ciononostante gli atti omosessuali sono vietati dalla Torah - almeno nell'interpretazione tradizionale, che la sua organizzazione non ritiene assolutamente da mutare.
Fin qui siamo in un campo puramente religioso in cui non mi pare il caso di addentrarmi; diverso è il caso delle terapie riparative, a cui accenna Shafran. Lui ammette che il pensiero medico dominante [mainstream] ritiene queste terapie inutili nel migliore dei casi e controproducenti nel peggiore - ed ammette pure che si riferisce di abusi perpetrati in nome di queeste terapie.
Ma lui poi dice che ci sono persone che ne avrebbero tratto beneficio (ne avrebbe anche conosciuta una), e pertanto, se c'è una possibilità che una terapia riparativa sia efficace e consenta ad un omosessuale di impegnarsi in uno "stile di vita conforme alla Torah", questi la deve affrontare.
La prima cosa da dire è che non bastano le "prove aneddotiche" a dimostrare l'efficacia di una terapia (se ci vogliono quindici anni perché un farmaco passi dai laboratori alle farmacie, non è perché i ricercatori disprezzino la vita umana), e considerate le enormi pressioni che da quasi quarant'anni continuano a subire i professionisti della salute mentale in tutto il mondo perché tornino a patologizzare le persone LGBT, e trovino il modo di convertirle in esseri eterosessisticamente perfetti (e le subiscono anche da molte persone LGBT che incolpano se stesse e non la società dei loro problemi), se non si è mai trovata la prova scientifica che questo sia possibile, bisogna disperare di riuscirci.
Le dichiarazioni di Shafran in proposito sono solo degli atti di fede. Se io andassi a cercare molte persone che per qualche motivo si sono convertite dall'ebraismo ad un'altra fede, e riferissi a Shafran le parole con cui si dichiarano felici della loro conversione, lui d'istinto mi risponderebbe che anche nella società contemporanea, molto meno antisemita di quanto lo fosse prima della Shoah, vivere da ebreo è ben più difficile che vivere da gentile, e che quello che costoro esprimono non è la felicità per essersi realizzati ma il sollievo per essere sfuggiti all'antisemitismo ed allo "stress da minoranza" - e che se io non mi limitassi a riferire quello che dicono, ma indagassi seriamente su quello che provano, forse emergerebbe una diversa verità.
E' la stessa cosa che si potrebbe dire delle persone che si dichiarano soddisfatte delle terapie riparative; una confutazione molto più articolata della loro efficacia la si trova in questo libro:
Tutto questo si può riassumere dicendo che consigliare (o peggio, intimare) una terapia riparativa significa colpevolizzare una persona per una cosa che non solo non ha scelto (e Shafran sembra d'accordo), ma che non può nemmeno cambiare. Shafran dice che la Torah non chiede l'impossibile, ma io ho paura che lui non sappia che cosa è davvero impossibile.
Inoltre, potrei citare Daniel Boyarin, ebreo ortodosso osservante con il piglio del "born again", docente di Cultura Talmudica all'Università di Berkeley, California, che ama il dialogo interreligioso ed interculturale, ma cerca di evitare che i suoi correligionari prendano il peggio anziché il meglio delle culture circostanti, che nel libro:
(anch'esso nella Biblioteca Oberon) mostra che per i chaza"l (sigla ebraica per "i nostri Saggi di Benedetta Memoria", cioè gli autori del Talmud e del Midrash) il problema non era il desiderio omosessuale (Boyarin si diverte a riportare passi talmudici che ritraggono i chaza"l in atteggiamenti che noi riterremmo omoerotici, ma che non hanno mai turbato nessun talmudista), ma l'atto omosessuale.
Il preoccuparsi tanto del desiderio omosessuale, tanto da provare quel tipo di omofobia, come fa Shafran, non è secondo Boyarin una cosa di origine ebraica, ma un'"imitazione servile" [mimicry] di tipo post-coloniale del cristianesimo protestante, che sempre secondo Boyarin si nota anche in altri aspetti della cultura ebraica contemporanea.
Boyarin lo si potrebbe definire un rettore di accademia talmudica che ha letto Michel Foucault - e sa benissimo che il concetto di "omosessualità" è un portato della medicina ottocentesca (il termine è stato coniato nel 1869 da Károly-Mária Kertbeny).
Poiché nel 19° Secolo EV le opere fondamentali della legge ebraica come della teologia cristiana erano state già scritte, non si può perciò dire che queste opere parlino dell'orientamento omosessuale ed impongano a chi lo ha di mutarlo!
Mi pare che l'argomentazione migliore si trovi in:
Questa nuova caccia alle sessualità periferiche comporta un'incorporazione delle perversioni ed una specificazione nuova degli individui. La sodomia - quella degli antichi diritti civile e canonico - era un tipo particolare di atti vietati; il loro autore ne era soltanto il soggetto giuridico. L'omosessuale del XIX secolo, invece, è diventato un personaggio: un passato, una storia, ed un'infanzia, un carattere, una forma di vita; una morfologia anche, con un'anatomia indiscreta e forse una fisiologia misteriosa. Nulla di quel ch'egli è complessivamente sfugge alla sua sessualità. Essa è presente in lui dappertutto soggiacente a tutti i suoi comportamenti poiché ne è il principio insidioso ed indefinitamente attivo; iscritta senza pudore sul suo volto e sul suo corpo perché è un segreto che si tradisce sempre. Gli è consustanziale più come una natura particolare che come un peccato d'abitudine. Non bisogna dimenticare che la categoria psicologica, psichiatrica e medica dell'omosessualità si è costituita il giorno in cui - il famoso articolo di Westphal del 1870 sulle "sensazioni sessuali contrarie" può essere considerato come data di nascita - è stata caratterizzata piuttosto attraverso una certa qualità della sensibilità sessuale, una certa maniera d'invertire in se stessi l'elemento maschile e femminile, che attraverso un tipo di relazioni sessuali. L'omosessualità è apparsa come una delle figure della sessualità quando è stata ricondotta dalla pratica della sodomia ad una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. Il sodomita era un recidivo, l'omosessuale ormai è una specie. (grassetti miei)
Prendiamo ad esempio di ciò Maimonide, che verrà citato nuovamente più avanti, il quale vietava i rapporti sessuali tra donne, ed imponeva ai mariti di non lasciare che le loro mogli s'incontrassero od uscissero con donne note per questo (Mishneh Torah, Sefer Qedushah, Hilkhot Isurei Biah, 21:8 - vedi anche 21:1,2; 22:1,2); va detto però che lui non si poneva il problema dell'orientamento sessuale delle donne in questione, ma solo degli atti che compivano, e la notorietà di una donna era per lui legata all'abitudine a compierli.
Se i traduttori della Chaba"d hanno reso sbrigativamente: "Nashim ha-mesolelot zo bezo - asur = Donne che si strusciano a vicenda - è vietato" con "Lesbian relations are forbidden = I rapporti lesbici sono vietati", l'originale ebraico rende molto più chiaramente dell'inglese che cosa vietava Maimonide.
A peggiorare la confusione in chi non ha letto Foucault, in inglese, al contrario che in italiano, in ebraico, ed in francese, il termine homosexuality può significare due cose:
- orientamento omosessuale (il medesimo significato dei corrispondenti italiano, ebraico e francese);
- comportamento omosessuale (significato che in italiano, ebraico e francese non c'è).
Si tratta di due cose ben diverse che gli autori del documento a cui rispondo continuano a confondere (confronta la FAQ#5 con la FAQ#7), con l'involontaria complicità della loro lingua madre.
Va detto anche che l''Even-Shoshan, grande dizionario ebraico monolingue in 6 volumi, definisce Homoseqsualiut come "Tshuqah minit shel gever o shel ishah el bnei minam = Desiderio sessuale dell'uomo o della donna verso gli appartenenti al proprio sesso" - non è una definizione perfetta, ma avrebbe aiutato parecchio chi è tenuto a conoscere l'ebraico meglio di me (ed in quel dizionario c'è anche la voce Homofobiyah, con disdoro di chi dice che essa serve solo ai gay per colpevolizzare gli etero).
Non è una questione di lana caprina: gli epidemiologi (come quelli del progetto Sialon) stanno molto attenti a non confondere i gay con gli MSM, cioè gli uomini che fanno sesso con uomini, perché i secondi sono una categoria diversa e più ampia dei primi, in quanto il gay innanzitutto rivendica l'appartenenza ad una minoranza sessuale (magari anche rimanendo casto), gli altri possono essere bisessuali, oppure delle persone di orientamento eterosessuale che per diversi motivi hanno rapporti sessuali (anche) con uomini senza ritenere che questa sia la base della loro identità personale - ma dal punto di vista della salute individuale e collettiva, quello che conta sono gli atti, non l'orientamento.
Se non si fossero fatti fuorviare, probabilmente i firmatari del documento si sarebbero ricordati di una gustosa aggadah menzionata in:
e che si trova nel Talmud Babilonese, Trattato Yoma, Foglio 69b (aramaico, inglese): a forza di preghiere, gli Uomini della Grande Assemblea erano riusciti a farsi consegnare dall'Eterno lo spirito della tentazione dell'idolatria, e lo chiusero dentro una pentola di piombo, fonoassorbente, perché questi non potesse invocare aiuto a Dio e magari commuoverlo (secondo quest'aggadah, la tentazione dell'idolatria è ancora chiusa lì dentro).
Dopodiché pensarono: è il momento di chiedere a Dio anche il Desiderio Malvagio, e fu dato loro; lo imprigionarono per tre giorni (perché erano stati avvertiti che, se lo avessero ucciso, il mondo sarebbe andato a catafascio), ma lo dovettero poi liberare perché non si trovava più un uovo fresco in tutto Israele: senza il Desiderio Malvagio, neppure le galline erano in grado di procreare!
Non era possibile addomesticare il Desiderio Malvagio, perché potesse essere lasciato libero senza fare danno (il Cielo non lo avrebbe permesso), per cui gli Uomini della Grande Assemblea dovettero accontentarsi di accecarlo perché perlomeno non potesse più tentare a commettere incesto.
Aldilà del fatto che la tentazione all'incesto esiste ancora, mi pare che gli autori di quest'aggadah siano stati molto più saggi di chi propone terapie riparative: ci sono dei limiti insormontabili a quello che si può fare alla struttura del desiderio di una persona, e non è il caso di guarire la malattia a prezzo di uccidere il paziente.
L'osservazione che l'halakhah non si preoccupa dell'orientamento sessuale, ma solo degli atti sessuali, è confermata dal principale codice della legge ebraica, lo Shulchan 'Arukh, che nel capitolo Even ha-'Ezer, 24:1 dice che "in queste generazioni in cui i pritzim sono cresciuti tanto, occorre evitare di essere soli con un uomo".
La parola ebraica paritz (pritzim è il plurale) vuol dire semplicemente trasgressore (per la precisione scassinatore - viene infatti da peretz = breccia, ed il verbo paratz in ebraico contemporaneo significa anche "craccare" un computer); la sua forma qatil corrisponde ad un aggettivo verbale attivo che fa pensare che la specialità del paritz sia il compiere cattive azioni, non l'avere un'indole malvagia.
Perciò questa nota, che dice che Josef Qaro, l'autore dello Shulchan 'Arukh, "writes that homosexuality had become prevalent in his community", va intesa nel senso che era il comportamento omosessuale ad essere assai diffuso - non avrebbe senso intendere paritz come sinonimo dei termini ebraici contemporanei homoseqsual e geeih (quest'ultimo è particolarmente felice, perché riproduce la parola inglese gay con quella ebraica che significa orgoglioso), perché questi implicano un orientamento e non necessariamente un'attività.
Agudath Israel of America, ed il documento che appoggia, non perpetuano qui una tradizione ebraica, ma innovano senza rendersene conto - come spesso accade agli "haredim = ultraortodossi"; il giornalista israeliano (ebreo ortodosso osservante anch'egli) Gershom Gorenberg affermò qui che poiché gli haredim hanno subito un'enorme mortalità durante la Shoah, i superstiti non hanno potuto apprendere dalla voce e dall'esempio dei loro progenitori come vivevano davvero gli ebrei che seguivano la tradizione (che nell'ebraismo non ha minor valore dei testi scritti), ed hanno cercato di ricostruire questo modo di vivere applicando la legge religiosa ebraica nel modo più rigoroso possibile.
Posso approfittare di quest'articolo per mettere in guardia dalle assurdità e delle contraddizioni in cui cade chi pratica l'imitazione servile, partendo da questa pagina web - è vero, parla di cattolici e non di ebrei ortodossi o fondamentalisti protestanti, ma c'è chi vuole diffondere le terapie riparative anche in ambito cattolico, ed ai cattolici rivolgo l'avvertimento.
La pagina citata dice che l'impotentia coeundi, cioè l'incapacità di avere rapporti sessuali, se "antecedente" e "perpetua", è impedimento "dirimente" al matrimonio secondo il diritto canonico cattolico - ovvero rende impossibile contrarlo - e precisa che tale impotenza va considerata "perpetua" anche se la si potrebbe risolvere con mezzi terapeutici straordinari e gravemente pericolosi.
In una parola: non si può imporre ad una persona di mettere la propria salute a repentaglio pur di consumare il matrimonio, eppure anche tra i cattolici potrebbe esserci chi la pensa come Avi Shafran ed i fondamentalisti protestanti che lui servilmente imita, per cui, se anche ci fosse un'infinitesima probabilità di diventare etero con una terapia riparativa, si sarebbe tenuti a rischiare la propria salute per subirla.
Il doppio standard è evidente, e dovrebbe esserlo anche ad un eterosessista - il quale dovrebbe chiedersi come mai agli omosessuali si chiede sfacciatamente quello che verrebbe ritenuto irragionevole chiedere agli eterosessuali. E perché mai si riesce ad avere molto più buon senso quando si parla di matrimonio (eterosessuale) di quando si parla di omosessualità.
Tornando dal cattolicesimo all'ebraismo, ho dato un'occhiata al documento originale, firmato da Aryeh Ralbag ed illustrato con una riproduzione dell'inizio del Libro dell'Esodo, per insinuare che gli ebrei stanno tornando in Egitto, luogo non solo di schiavitù, ma anche di corruzione morale e di perdita dell'identità etnico-religiosa - un documento così estremo che Avi Shafran evita di identificarsi con esso, e sostiene la causa delle terapie riparative in modo molto più timido.
L'argomento principale del documento mi pare questo brano:
The concept that G-d created a human being who is unable to find happiness in a loving relationship unless he violates a biblical prohibition is neither plausible nor acceptable.
(...)
We emphatically reject the notion that a homosexually inclined person cannot overcome his or her inclination and desire. Behaviors are changeable. The Torah does not forbid something which is impossible to avoid.
ovvero:
Il concetto che D_o abbia creato un essere umano che sia incapace di trovare la felicità in una relazione d'amore a meno che non violi un divieto biblico non è né plausibile né accettabile.
(...)
Noi con enfasi respingiamo la nozione che una persona con inclinazione omosessuale non può sopraffare la sua (di lui o di lei) inclinazione ed il suo desiderio. I comportamenti sono mutabili. La Torah non vieta qualcosa che è impossibile evitare.
Innanzitutto, in quest'argomentazione si confondono il piano dell'orientamento sessuale (su cui io e quel documento dissentiamo) ed il piano del comportamento sessuale (su cui concordiamo: si può mutare), con il risultato, già evidenziato nel libro di Rigliano, Ciliberto e Ferrari, che prima si promette un cambiamento nella struttura desiderante di una persona (l'orientamento sessuale) e poi si rivendica un successo averne cambiato solo il comportamento; Orazio, che forse era di famiglia ebraica, direbbe: "Le montagne avranno le doglie del parto, e nascerà un ridicolo topo".
Inoltre, credo che queste parole farebbero inorridire il buon Rabbi Moyses - così chiamava Mosé Maimonide il Dottor Angelico, cioè Tommaso D'Aquino.
Maimonide affrontò ne La guida dei perplessi il problema di come conciliare le affermazioni scritturali con le verità scientifiche; come riassume questa pagina web, secondo lui occorre interpretare la Torah in modo letterale salvo che nel caso che il significato letterale sia palesemente assurdo, oppure sia stato provato falso - in questi casi (anzi, in questo caso, perché si tratta della medesima circostanza), il testo biblico va considerato un'allegoria, da interpretarsi metaforicamente.
Contrariamente alla tentazione di molti cristiani (e degli ebrei che li imitano servilmente), Maimonide non avrebbe mai usato il testo biblico come pietra di paragone di una verità scientifica - semmai, mi pare che abbia dichiarato che sono le verità scientifiche a stabilire il limite entro il quale è plausibile un'interpretazione letterale della Torah.
La pagina web citata avverte che le verità scientifiche sono solo probabili (rectius: falsificabili), e quindi occorre ragionare in modo più sfumato di Maimonide - ma resta l'assurdità epistemologica della pretesa di giudicare i risultati della ricerca scientifica in base alle verità di fede, con il risultato che gli ebrei aderenti alla Chaba"d (per esempio) ritengono verità di fede il creazionismo ed il sistema tolemaico.
L'argomento della libertà religiosa di cui si fanno paladini gli autori di Declaration On The Torah Approach To Homosexuality, il documento firmato da Aryeh Ralbag, non è esclusivo degli ebrei (ne parlano anche alcuni cattolici americani - vedi qui) ed individua un problema vero.
Ma è anche vero che qualsiasi costituzionalista di qualsiasi paese del mondo direbbe che tutti i diritti costituzionali vanno bilanciati tra loro, e che il bilanciamento varia a seconda delle circostanze storiche; ed è stato notato (qui, per esempio) che in questo momento storico i principi di eguaglianza e non discriminazione hanno guadagnato terreno rispetto a quello della libertà religiosa.
Oltre agli esempi qui citati, di questo trend fa parte l'aver gli inquirenti israeliani messo sotto inchiesta (per esempio) il muftì di Gerusalemme ed il rabbino di Kiryat Arba per aver incitato alla violenza contro gli ebrei il primo e contro i non ebrei il secondo - la risposta di costoro di non aver fatto altro che ribadire concetti centrali dell'ebraismo e dell'islam (cosa che molte altre persone non meno dotte di loro negano) non è bastata a bloccare l'indagine, perché la libertà religiosa non va a scapito degli altri diritti della persona.
Si potrebbe fare anche questo esempio ipotetico: se un candidato venisse bocciato ad un concorso di astronauta perché alla prova di meccanica celeste ha fatto palese uso del sistema tolemaico anziché di quello corrente (facendo rivoltare nella tomba Jacobi ed Einstein, per cominciare), potrebbe egli fare ricorso dicendo che la sua fede religiosa gli imponeva questo? No, perché mettere ai comandi di un'astronave una persona che fa uso solo del sistema tolemaico significa mettere a repentaglio astronave, carico, e, soprattutto, vite umane.
Il problema si risolve cercando un compromesso onorevole e magari anche creativo, come si fa in ogni paese civile, non impostandolo come una lotta a coltello tra ministri del culto da una parte e minoranze sessuali dall'altra, perché una lotta simile spaccherebbe la società.
Purtroppo, l'esplicito richiamo che quel documento fa a Chanukkah, la Festa delle Luci, non è di buon augurio, per i motivi che quest'articolo spiega molto bene: i Maccabei ebbero il grande merito di liberare il loro paese dall'oppressione straniera, ed il colossale demerito di instaurare una teocrazia che si fece un punto d'onore a sterminare gli ebrei "ellenizzati", che non vivevano secondo la Torah - per non parlare delle conversioni forzate all'ebraismo (un unicum nella storia di questa religione).
I risultati furono catastrofici, ed i farisei (da cui derivano quasi tutte le correnti ebraiche attuali - l'unica eccezione che conosco è data dai caraiti) avrebbero espresso la propria riprovazione nei loro confronti espungendo i Libri dei Maccabei dal canone biblico ebraico (e di conseguenza anche da quello protestante).
I Maccabei sono tornati in auge con la nascita del sionismo, che li ha visti come precursori, ma non mancano ora gli israeliani (secolarizzati) che si chiedono se fosse più biasimevole il loro fanatismo o lodevole il loro patriottismo.
Raffaele Ladu
P. S.: Non tutti i rabbini ortodossi si sono sognati di firmare quella Dichiarazione - una notevole eccezione è data da rav Shmuley Boteach, di cui parlo qui.
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