[1] http://www.haaretz.com/weekend/week-s-end/the-great-mosque-of-paris-that-saved-jews-during-the-holocaust-1.420362
[2] http://www.lefigaro.fr/cinema/2011/09/27/03002-20110927ARTFIG00731-les-hommes-libres-la-mosquee-de-paris-en-resistance.php
[2] http://www.lefigaro.fr/cinema/2011/09/27/03002-20110927ARTFIG00731-les-hommes-libres-la-mosquee-de-paris-en-resistance.php
Locandina in inglese |
Nato nel 1920 e morto in solitudine nel 2005 dopo aver goduto di grande celebrità dopo la Seconda Guerra Mondiale (fu il primo cantante del Medio Oriente/Nord Africa a sfondare in Europa fondendo ritmi orientali ed occidentali), lui potrebbe essere stato uno dei beneficiari di un fatto di cui poco si parla perché pochissimi lo hanno riferito e non sopravvivono documenti: la Grande Moschea di Parigi, retta allora dall'imam Si Kaddour Benghabrit, avrebbe nascosto nelle sue cantine e nelle sue parti "haram = vietate" ai non mussulmani degli ebrei per salvarli dai nazisti - ed in altre occasioni, interpellata dai nazisti, dichiarò mussulmane persone che invece erano ebree.
Il patio della Grande Moschea di Parigi |
Salim Halali sarebbe stato uno di questi: perseguitato dai nazisti, chiese aiuto all'imam Benghabrit, algerino anche lui, che sulle prime si limitò a fornirgli dei documenti falsi che lo facevano passare per mussulmano; poi, visto che i nazisti non si lasciavano convincere, fece incidere il nome del padre di Halali su una pietra tombale ancora liscia che si trovava nel cimitero islamico di Parigi.
Quando i nazisti portarono Salim Halali lì per fucilarlo, lui riuscì a trovare quella lapide ed a convincere così i nazisti che anche lui era mussulmano (l'islam si trasmette per via paterna, al contrario dell'ebraismo [ortodosso], che si trasmette per via materna) - ed a scamparla bella.
Salim Halali sarebbe un personaggio molto interessante per il nostro centro: la sua musica era fusion ante litteram, in quanto mescolava stili di provenienza marocchina, araba, maghrebina, berbera, francese, spagnola ed ebraica - nulla di strano per un ebreo del Maghreb, appartenente ad una diaspora che risaliva alla distruzione del Secondo Tempio, e che aveva visto il susseguirsi di numerose civiltà con i loro influssi culturali.
Oltretutto, lui era anche gay; Ofer Aderet, l'autore dell'articolo, si stupisce che fosse "circondato da donne", ma i lettori di questo blog sanno che nemmeno questo è strano, perché ogni gay ha le sue frociarole; su YouTube, dove potete ascoltare questa ed altre sue canzoni, è scritto che Halali fondò a Casablanca un incredibile night-club composto da sei sale decorate in oro zecchino con autentici mobili Luigi XV - doveva essere un capolavoro di stile camp, perfettamente in linea con lo stereotipo che vuole i gay estremamente attenti all'estetica, e con la presunta gaiezza di persone come Botticelli, Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
Questo però da spessore al personaggio, in quanto mostra che non solo egli era vittima di discriminazione multipla, ma doveva gestire un fascio di identità minoritarie; l'antisionismo (che questo blog non incoraggia, perché ci sono diversi tipi di sionismo, chi più chi meno pregevole) era una di esse, e gli fece provare la sgradevole esperienza di dover interrompere un concerto a Gerusalemme, perché dopo che egli ebbe detto in arabo: "Evviva la nazione araba!" gli spettatori gli tirarono addosso di tutto.
Come però mostra la copertina citata, ora Salim Halali è amatissimo dagli ebrei ed in Israele, e lo è anche nel mondo arabo - molti musicisti suonano le sue canzoni alle feste ed ai matrimoni, perché il suo stile riesce ad ammaliare chiunque, tradizionalista o modernista.
Come però mostra la copertina citata, ora Salim Halali è amatissimo dagli ebrei ed in Israele, e lo è anche nel mondo arabo - molti musicisti suonano le sue canzoni alle feste ed ai matrimoni, perché il suo stile riesce ad ammaliare chiunque, tradizionalista o modernista.
Si Kaddour Benghabrit (l'ultimo a destra) all'Eliseo |
[2] è la recensione che Le Figaro ha dedicato al film - con più entusiasmo e meno dubbi storiografici di Haaretz.
Raffaele Ladu
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