Il nostro blog fa pubblicità al viaggio in Israele proposto da Angelo Pezzana. Ottima iniziativa, ma suscita in me alcune perplessità.
La principale è data dal fatto che l'itinerario comprende territori aldilà della Linea Verde, quella che ha fatto da confine tra Israele, Giordania e Siria tra il 1949 ed il 1967. Sono territori la cui occupazione continua ad essere deplorata dalla comunità internazionale, e che dovranno essere restituiti a Siria e Palestina (salvo alcune rettifiche di confine concordate tra le parti, ovviamente) se Israele vorrà fare la pace con il paese che esiste già e con il paese che deve nascere.
In verde i territori occupati nel 1967 |
Viaggiare in codesti territori come se facessero parte dell'"Israele proprio", cioè del territorio internazionalmente riconosciuto ad Israele, non è cosa innocua - equivale ad affermare che Israele ha un diritto a quei territori che la comunità internazionale gli nega. Vuol dire in un certo senso rendersi complici dell'occupazione e delle sue conseguenze, e chi ha organizzato il viaggio lo sa benissimo.
E visitare insediamenti aldilà della Linea Verde, e spendervi del denaro, significa incoraggiare moralmente, politicamente e finanziariamente le persone che nel corso degli anni (ormai sono mezzo milione ed oltre) sono andate a violare la 4^ Convenzione di Ginevra, Articolo 49, Paragrafo 6 ed il 1° Protocollo Aggiuntivo, Articolo 85, Comma 4, Lettera a.
Tutto questo è avvenuto non per iniziativa individuale, ma con il sostegno finanziario, la costruzione di infrastrutture e la protezione militare del governo israeliano, cose che integrano la violazione di codeste norme del diritto internazionale umanitario.
Ein Gedi è appena aldilà della Linea Verde, e se da lì si vuole andare a Masada ed a Sodoma (località entrambe al di qua della Linea Verde) il modo più semplice e rapido è costeggiare il Mar Morto, anche nella parte aldilà della Linea Verde.
E le alture del Golan che si prevede di visitare sono territorio conquistato da Israele nel 1967; Kiryat Shmona invece appartiene ad Israele dal 1949.
Della "Foresta LGBT" non sono riuscito a trovare l'ubicazione, ma mi pare improbabile che sia nel Golan, se davvero è nel territorio di Kiryat Shmona; in compenso posso farvi ammirare questa fotografia:
Ya'ar ha-Gaawah = La foresta dell'Orgoglio [gay] |
Cartello superiore: "Unione degli omosessuali, delle lesbiche, de* bisessuali e de* trans d'Israele".
Cartello centrale: "Ya'ar ha-Gaawah = Foresta dell'Orgoglio [gay]".
Cartello inferiore: "Piantata per mano delle amiche e degli amici della comunità per promuovere l'eguaglianza, la libertà ed i diritti della comunità LGTB [sic] d'Israele. Tu biShvat 5764 - 7 Febbraio 2004".
[Tu biShvat, ovvero 15 del mese di Shevat, è la festa ebraica del "Capodanno degli alberi", in cui per tradizione si piantano molti alberi in Israele]
Altra perplessità è data da un'assenza e da una presenza tra le persone che si prevede di incontrare.
Nitzan Horowitz |
La presenza che non mi piace granché è quella di un giornalista di Israel Hayom ("Israele oggi"), che è sì il quotidiano più diffuso in Israele, ma perché è distribuito gratuitamente - non deve dimostrare ai suoi lettori che vale tutte le agorot [centesimi] che spendono per comprarlo!
Ciononostante, offre un giornalismo di qualità, anche se fortemente orientato a destra - e chi paga? Sheldon Adelson, l'ottavo uomo più ricco degli USA secondo Forbes, ed abbastanza agli antipodi di George Soros (Wikipedia, sito personale).
Sheldon Adelson |
Adelson in Israele sostiene Benyamin Netanyahu (tanto che quest'articolo lo definisce "l'americano dietro la destra israeliana", e descrive la sua influenza politica nel paese, esercitata attraverso i media, in termini che riecheggiano Berlusconi) e, quello che è peggio, Newt Ginrich (Wikipedia, sito ufficiale) in America.
Newt Ginrich |
Ergo, a rigore tutti i popoli sono inventati (compresi quelli a cui mi vanto di appartenere, ovviamente), e la nozione di "popolo" è performativa come quella di "genere": ci comportiamo come se i popoli esistessero realmente, ne parliamo come se ne avessimo esperienza diretta, e così diamo loro vita.
Senza contare che con quella frase Ginrich avrà fatto un piacere al suo amico e sostenitore Adelson, ma ha buttato nel cesso vent'anni di politica estera americana bipartisan.
Non solo: Ginrich è sempre nel mirino della gloriosa rivista LGBT americana The Advocate per le sue posizioni antigay; quest'articolo cita alcune dichiarazioni e ne riassume altre, da cui appare che:
- per Ginrich il matrimonio deve essere solo tra uomo e donna;
- lui vuole modificare la Costituzione federale USA per vietare in tutti gli stati il matrimonio arcobaleno (il DOMA, che impedisce al governo federale di riconoscere i matrimoni arcobaleno legittimamente contratti nei singoli stati, a quanto pare non gli basta);
- vuole reintrodurre il DADT (Don't Ask, Don't Tell), ovvero il divieto per i militari americani di palesare il loro orientamento omosessuale (e l'osservazione che nelle forze armate non si deve mettere in piazza il proprio orientamento sessuale è un insulto all'intelligenza dei lettori - perché tutti voi sapete che in realtà lui sta dicendo che l'unico orientamento sessuale degno di essere pubblicizzato è quello etero);
- è convinto che l'omosessualità sia in parte una scelta che deve essere scoraggiata (e qui forse ha giocato il fatto che "homosexuality" in inglese significa anche "comportamento omosessuale", non solo "orientamento"), il che dimostra che per lui etero e gay sono diseguali per definizione;
- vuole anche perseguire i gruppi gay che, a suo dire, molestano quelli antigay (per esempio, chiedendo insistentemente chi paga i conti della National Organization for Marriage, osservo io).
Non è per niente che Ginrich è stato "glitterato" (l'equivalente contemporaneo delle torte in faccia) da un attivista gay il 17 Maggio 2011 - era ad un incontro del Minnesota Family Council, che vuole una modifica costituzionale che vieti l'eguaglianza nel matrimonio in quello stato.
Al che uno si fa una domanda: ma gliene importa veramente a Sheldon Adelson (ed al suo giornale Israel Hayom, chiamato in Israele "Bibiton = Bibi [Netanyahu] + 'iton [quotidiano]") dei diritti dei gay?
A giudicare dalla persona che finanzia, e continua a finanziare anche se le sue probabilità di arrivare alla nomination sono minuscole, e ci sono candidati repubblicani meno palesemente omofobi (come Mitt Romney [Wikipedia, sito ufficiale], che anche per questo è il beniamino di The Economist), direi proprio di no!
Il secondo giornale invitato a parlare del viaggio è Ma'ariv ("La sera"); giornale rispettabile, venduto nelle edicole, in grave crisi, meno a destra di Israel Hayom; Adelson tentò di acquistarlo nel 2007, e proprio perché non ci riuscì decise di fondare appunto "Bibiton".
Gli altri giornali israeliani, come The Jerusalem Post (destra), Yedioth Ahronot ("Ultime notizie" - centro), Haaretz ("Il paese" - sinistra - il mio preferito) sono assenti - per non parlare ovviamente di +972, un blog in inglese [+972 è il prefisso telefonico internazionale d'Israele] che sembra l'equivalente de "Il Manifesto".
L'itinerario prescelto ed i giornalisti invitati fanno pensare che si darà un'interpretazione destrorsa dell'esperienza israeliana (in genere, non solo di quella LGBT) - e si chiederà ai partecipanti al viaggio di fare cose che equivalgono a sostenere la destra israeliana e le sue scelte politiche.
Raffaele Ladu
Nessun commento:
Posta un commento