sabato 24 marzo 2012

I misteri della Grande Moschea di Parigi


Locandina in inglese
Dopo l'attentato a Tolosa che è costato la vita a sette persone, e che ha evidenziato la frattura tra ebrei francesi e mussulmani francesi, Haaretz ha pubblicato l'articolo [1], in cui si parla del film Les Hommes libres, uscito lo scorso autunno e dedicato ad un famoso cantante ebreo algerino della metà del '900, Salim Halali.

Nato nel 1920 e morto in solitudine nel 2005 dopo aver goduto di grande celebrità dopo la Seconda Guerra Mondiale (fu il primo cantante del Medio Oriente/Nord Africa a sfondare in Europa fondendo ritmi orientali ed occidentali), lui potrebbe essere stato uno dei beneficiari di un fatto di cui poco si parla perché pochissimi lo hanno riferito e non sopravvivono documenti: la Grande Moschea di Parigi, retta allora dall'imam Si Kaddour Benghabrit, avrebbe nascosto nelle sue cantine e nelle sue parti "haram = vietate" ai non mussulmani degli ebrei per salvarli dai nazisti - ed in altre occasioni, interpellata dai nazisti, dichiarò mussulmane persone che invece erano ebree.

Il patio della Grande Moschea di Parigi
Gli storici sono divisi se considerare questo un fatto od una leggenda, ed anche ammettendo che fosse accaduto, le opinioni sul numero di ebrei salvati nella Grande Moschea sono molto disparate: chi ha detto che erano stati salvati 1.732 partigiani, in gran parte ebrei, e chi ha ridotto il numero dei probabili salvati a poche centinaia o decine.

Salim Halali sarebbe stato uno di questi: perseguitato dai nazisti, chiese aiuto all'imam Benghabrit, algerino anche lui, che sulle prime si limitò a fornirgli dei documenti falsi che lo facevano passare per mussulmano; poi, visto che i nazisti non si lasciavano convincere, fece incidere il nome del padre di Halali su una pietra tombale ancora liscia che si trovava nel cimitero islamico di Parigi.

Quando i nazisti portarono Salim Halali lì per fucilarlo, lui riuscì a trovare quella lapide ed a convincere così i nazisti che anche lui era mussulmano (l'islam si trasmette per via paterna, al contrario dell'ebraismo [ortodosso], che si trasmette per via materna) - ed a scamparla bella.

Salim Halali sarebbe un personaggio molto interessante per il nostro centro: la sua musica era fusion ante litteram, in quanto mescolava stili di provenienza marocchina, araba, maghrebina, berbera, francese, spagnola ed ebraica - nulla di strano per un ebreo del Maghreb, appartenente ad una diaspora che risaliva alla distruzione del Secondo Tempio, e che aveva visto il susseguirsi di numerose civiltà con i loro influssi culturali.

Oltretutto, lui era anche gay; Ofer Aderet, l'autore dell'articolo, si stupisce che fosse "circondato da donne", ma i lettori di questo blog sanno che nemmeno questo è strano, perché ogni gay ha le sue frociarole; su YouTube, dove potete ascoltare questa ed altre sue canzoni, è scritto che Halali fondò a Casablanca un incredibile night-club composto da sei sale decorate in oro zecchino con autentici mobili Luigi XV - doveva essere un capolavoro di stile camp, perfettamente in linea con lo stereotipo che vuole i gay estremamente attenti all'estetica, e con la presunta gaiezza di persone come Botticelli, Leonardo, Michelangelo e Raffaello.

Questo però da spessore al personaggio, in quanto mostra che non solo egli era vittima di discriminazione multipla, ma doveva gestire un fascio di identità minoritarie; l'antisionismo (che questo blog non incoraggia, perché ci sono diversi tipi di sionismo, chi più chi meno pregevole) era una di esse, e gli fece provare la sgradevole esperienza di dover interrompere un concerto a Gerusalemme, perché dopo che egli ebbe detto in arabo: "Evviva la nazione araba!" gli spettatori gli tirarono addosso di tutto.

Come però mostra la copertina citata, ora Salim Halali è amatissimo dagli ebrei ed in Israele, e lo è anche nel mondo arabo - molti musicisti suonano le sue canzoni alle feste ed ai matrimoni, perché il suo stile riesce ad ammaliare chiunque, tradizionalista o modernista.

Si Kaddour Benghabrit (l'ultimo a destra) all'Eliseo
Il film sembra uscito al momento giusto, per ricordare al pubblico francese che non sempre gli arabi si sono comportati da nemici degli ebrei, e che sarebbe il caso di ispirarsi a quei tempi per ritrovare uno spirito di fraternità - anche se qualche storico avverte che, come non sono mancati né i cattolici eroici salvatori, né i cattolici biechi sgherri, così anche il comportamento degli arabi e dei mussulmani nei paesi occupati dai nazisti è stato assai variegato: se forse Benghabrit merita di essere chiamato un "Giusto delle Nazioni", altri arabi e mussulmani hanno invece servito i nazisti.

[2] è la recensione che Le Figaro ha dedicato al film - con più entusiasmo e meno dubbi storiografici di Haaretz.

Raffaele Ladu

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