domenica 2 giugno 2013

E Dio creò i gay




Steven Greenberg (sx), Amalia e Steven Goldstein (dx)

Steven Greenberg, il primo rabbino ortodosso dichiaratosi gay, ha pubblicato nel 2004 il libro [2] (ce n'è una copia nella Biblioteca Oberon), ed ora che il libro è stato tradotto dall'inglese in ebraico, e l'autore è venuto in Israele a presentarlo, Haaretz ha pensato bene di intervistarlo - mi sono permesso di tradurre l'intervista in italiano [le note tra parentesi quadre sono mie].

Buona lettura, Raffaele Ladu


E Dio ha creato i gay: il primo rabbino ortodosso apertamente gay parla del coming-out, del dolore e della genitorialità

Con il suo libro pionieristico sugli omosessuali nell'ebraismo ortodosso ora tradotto in ebraico, rav Steven Greenberg parla ad Haaretz

di Dalia Karpel, 1 Giugno 2013

Amalia, due anni e mezzo, ha autostima in abbondanza ed un sorriso seducente. I suoi genitori, il rabbino ortodosso Steven Greenberg, anni 57, e l'attore e cantante d'opera Steven Goldstein, si sono sposati l'anno scorso con rito civile a New York, tenendo in braccio la bimba.

Alcune settimane fa, Greenberg e famiglia stavano con degli amici in Via Emek Refaim [il nome significa "Valle dei Giganti" - appropriato, direi] a Gerusalemme. Vedendo Amalia con i genitori, mi sono chiesta ad alta voce chi fosse il padre biologico. Gli somiglia proprio (alla fine, ha confermato con un cenno del capo di essere il padre biologico). Lei chiama lui "Abba" ["papà" in ebraico] e Goldstein "Daddy" ["papà" in inglese]. Tutti e due parlano ebraico.

Come vi dividete la cura della bimba, e chi di voi due si alza la notte?

Greenberg: "Ci alziamo tutti e due. La divisione del lavoro cambia di giorno in giorno. Ma colui che sa sempre dove sono i vestiti che piacciono a lei, i giocattoli, e tutto quanto, che non si scorda mai dove sono i suoi fermacapelli, ed è bravissimo a curarle i capelli, è mio marito - è più ossessivo di me in questi dettagli."

Con "più ossessivo" intende dire "più femminile"?

"No, non ho detto questo", si affretta a rispondere Greenberg. Il suo partner, che era occupato a fare un sandwich al formaggio per la bimba, interviene: "Sì, un po' più femminile. Perché non lo vuoi ammettere?"

Greenberg sente il bisogno di spiegare: "Come coppia gay, dobbiamo creare un metodo con cui possiamo lavorare insieme senza gli stereotipici presupposti di genere. Quando abbiamo frequentato un corso prima di entrare nel mondo della genitorialità, abbiamo imparato a cambiare i pannolini ed ad aver cura di un neonato, e c'erano anche discussioni in gruppo. Con nostra sorpresa, nessun uomo fiatava. Da una parte, c'era l'eguaglianza tra gli uomini e le donne, ma quando si trattava di bambini, ognuno sembrava presumere che solo le mamme avessero qualcosa da dire."

Per una persona religiosa come il nato in America Greenberg, che si è tormentato per anni prima di trovare il coraggio di fare il coming-out a 36 anni, le nuove esperienze della genitorialità e del matrimonio rappresentano la chiusura di un cerchio. Nel 1996 egli pubblicò un saggio-confessione nel trimestrale ebraico americano Tikkun [letteralmente: "riparazione", ed infatti il motto della rivista è "guarire, riparare e trasformare il mondo" - sacro dovere dell'uomo per la religione ebraica] intitolato "Gayness and God [= L'essere gay e Dio]", pubblicato con lo pseudonimo di rav Yaakov Levado (ovvero, "Giacobbe[/Israele] il solo").

Egli scrisse in esso: "Quando altri ragazzi erano ammaliati dalle ragazze, io trovai la mia malìa nello studiare la Torah. Fremevo per il debordare delle discussioni rabbiniche, gli immaginifici giochi di parole, ed il cercare ovunque un significato. La negiah, il divieto di abbracciare, baciare, perfino toccare le ragazze prima del matrimonio, fu la mia ancora di salvezza. La continenza sessuale prematrimoniale prescritta dall'halakha [come spiega la stessa autrice, è "la legge religiosa tradizionale"] era una perfetta maschera, non solo per il mondo, ma anche per me stesso."

Quest'articolo rivelatore simboleggiava il coming out di Greenberg l'anno prima, e rimarcava il suo sforzo di creare una comunità ebraica gay e lesbica, e di stabilire un centro per essa a Gerusalemme.

Nel 1996, mentre era a Gerusalemme grazie ad una borsa di studio del Mandel Leadership Institute, egli fondò Moah Gavra [= "Cervello umano" - non ho trovato il suo sito web], un gruppo di studi per uomini gay che affrontava i testi talmudici ed i loro atteggiamenti verso gli omosessuali. Nel 1999, cercando di promuovere il nuovo centro gay e lesbico, Greenberg decise di concedere un'intervista a Maariv in cui fece sapere al mondo di essere un rabbino gay. Una settimana dopo la storia fu ripresa da Forward, che proclamò Greenberg il primo rabbino ortodosso apertamente gay al mondo. Un rabbino della Yeshiva University, in cui rav Greenberg ha studiato ed ottenuto l'ordinazione rabbinica, commentò che un rabbino ortodosso gay era tanto paradossale quanto un rabbino che mangia un cheeseburger a Yom Kippur.

Lo scritto di Greenberg gli ha procurato molti fan; l'anno scorso ha avuto il 44° posto nella lista dei principali rabbini americani redatta da The Daily Beast. Attualmente è un "senior teaching fellow" ed il direttore del Progetto Diversità del Clal - il Centro Nazionale Ebraico [Americano] per la Cultura e la Direzione. È anche il direttore di Eshel, un'organizzazione la cui missione è "creare una comunità ed accettazione per gli ebrei lesbiche, gay, e transgender, e per le loro famiglie nelle comunità ortodosse". Nei prossimi mesi lui e la sua famiglia si trasferiranno da Cincinnati a Boston.

Questo mese Greenberg era di nuovo in Israele in relazione alla pubblicazione dell'edizione ebraica del libro che nacque da quell'articolo su Tikkun: Wrestling with God and Men : Homosexuality and the Jewish Tradition ([versione ebraica pubblicata da] Hakibbutz Hameuchad, collana Kav Adom; traduzione di Ziv Milman). L'edizione originale è stata pubblicata negli USA circa 10 anni fa [quella nella Biblioteca Oberon è la versione riveduta in brossura del marzo 2005].

Il professor Zvi Triger, vicepreside del dipartimento giuridico del College of Management - Academic Studies, dice che il libro è importante soprattutto per "i gay e le lesbiche religiose che vogliono trovare nell'halakha le risposte ai problemi posti dalle proibizioni religiose, e che vogliono vivere in pace con se stessi e con l'halakha. L'approfondita analisi della proibizione biblica dei rapporti omosessuali e delle sue successive interpretazioni, e la descrizione delle proibizioni rabbiniche dei rapporti lesbici, sorprendono per la loro originalità."

"Rav Greenberg", continua Triger, "non illude i suoi lettori facendo loro credere che sia possibile la totale accettazione di gay e lesbiche da parte degli arbitri ortodossi dell'halacha - a causa delle tendene conservatrici delle sentenze religiose ortodosse, nonché per ragioni culturali e sociali, quali il desiderio di rimanere separati dalla società laica. I lettori laici troveranno nel libro un pluralismo intellettuale ed un grado di autocritica che non sono abituati a pensare tipico dell'ebraismo ortodosso."

Il libro di Greenberg era diretto agli omosessuali religiosi con un disperato bisogno di incoraggiamento e sostegno nel momento in cui prendono la straziante decisione di fare il coming out. Un anno dopo la sua pubblicazione americana, ricevette nel 2005 il Premio Koret per il Libro Ebraico, per la Filosofia ed il Pensiero. Greenberg rimarca che il libro è stato scritto dalla prospettiva di una persona ortodossa che non è disposta a lasciare la sua fede o la sua comunità religiosa.

Una lotta di dieci anni


Due versetti biblici sembrano definire chiaramente i rapporti tra uomini come ripugnanti. Levitico 20:13 dice: "Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro." [Nuova Riveduta] Perciò gli ebrei ortodossi e tradizionali hanno sempre condannato e svilito le relazioni omosessuali. Nel 1999 Greenberg ha sfidato questa tradizione dichiaranndo apertamente la sua identità gay. Il suo libro è il prodotto di una lotta decennale per riconciliare le sue due identità - gay e religiosa.

Il tuo libro ha cambiato l'atteggiamento degli ortodossi americani verso i gay?

"È molto difficile da misurare. A livello individuale, sempre più persone vengono da me a dirmi cose come: 'Questo libro mi ha salvato dalla depresssione più nera ... Il libro ha permesso a mio padre di capirmi ... L'ho dato ai miei figli che avevano dei seri problemi a gestire il fatto che il loro padre fosse gay, ed ora possono parlarne'. Uno spiraglio si è aperto. Il libro ha un effetto significativo sulla comunità ortodossa. I rabbini lo leggono, anche se non vanno a dirlo in giro. I rabbini consigliano il libro ai giovani che si chiedono se fare il coming-out, ma finora nessun grande ed autorevole rabbino lo ha pubblicamente citato, perciò non viene discusso pubblicamente."

Ora ci sono più ultraortodossi che fanno il coming-out?

"Gli haredim [ultraortodossi] hanno un problema più serio quando la loro identità sessuale entra in conflitto con la religione. Ricordate che questa è una società che traduce la religione ebraica in una dura realtà. C'è stato comunque un cambiamento positivo, in quanto la società haredi non vede più l'omosessualità come una minaccia demoniaca come in passato."

Greenberg offre un aneddoto del suo stesso passato: "Sono venuto in Israele nel 1976, all'età di 20 anni, e mentre studiavo all'Università Ebraica, studiavo anche nella Yeshivat Har Etzion. Non avevo ancora riconosciuto la mia identità sessuale come uomo gay. Da anni sentivo di avere dei problemi, ma non ne capivo la natura.

Nella yeshivah mi sono accorto, spaventandomi molto, di essere attratto da un altro studente di nome Yossi, e non sapevo che fare. Invece di andare dal rabbino della yeshivah, scelsi di consultarmi con il sommo saggio rabbino della nostra generazione, rav Yosef Shalom Eliashiv, capo della setta lituana, che viveva in una delle comunità più isolate di Gerusalemme [l'autrice ricorda che Eliashiv è morto l'anno scorso alla veneranda età di 102 anni]. Mi sedetti di fronte a lui, e gli dissi in ebraico: 'Rabbino, sono attratto da entrambi, uomini e donne. Che devo fare?' Rav Eliashiv rispose: 'Carissimo, amico mio, tu hai doppia capacità d'amore. Usala in modo responsabile.' Ero stupefatto. 'Tutto qui?', chiesi; lui sorrise e rispose: 'Non c'è altro da dire'."

Che intendeva dire, esattamente?

"Aveva capito che io chiedevo se l'attrazione fosse una cosa per cui uno doveva fare penitenza - non se era possibile trasformarla in azione. Rav Eliashiv non aveva dato il permesso di fare alcunché, ma la sua grandezza fu il capire che non mi si doveva far sentire un mostro. Compresi dalle sue parole che tutti devono stare attenti, che la nostra sessualità è una cosa poderosa che deve essere tenuta a freno. Avevo 20 anni quando parlai con rav Eliashiv, e solo a 36 anni potei davvero dichiarare a me stesso che ero gay, e questo perchè la cultura marchiava questo come cosa orribile e repellente.

Sono cresciuto in una famiglia sana e volevo ripetere la vita dei miei genitori - innamorarmi di una bella donna ed avere dei figli. Anche dopo che mio padre mi ebbe accettato come uomo gay, egli [mi] chiese se potevo immaginarmi di trovare una moglie ed avere una famiglia. All'epoca, nessuno poteva concepire che un uomo gay potesse vivere una vita sana. Essere un uomo gay significava essere percepito come uno che fa sesso casuale ed indiscriminato. [La verità è che] dal momento in cui tu vieni privato del diritto a vivere una vita vera, devi accontentarti del premio di consolazione di tutto il sesso casuale che puoi procurarti, farcito di trepidazione al pensiero di vivere una vita misera e piena di odio di sé."

[Dal punto di vista strettamente gay, il ragionamento stride (conosco diverse coppie gay di lungo corso in cui, per usare un eufemismo, non si esige la fedeltà reciproca); ma, come spiega questa pagina web, il ragionamento di rav Greenberg ebraicamente ha senso: nel Talmud (bGittin 38a e 38b) si parla del caso di una donna che era per metà schiava e metà libera (perché era appartenuta a due padroni, di cui uno l'aveva emancipata e l'altro no - vedi sempre nel Talmud, bGittin 42a), che non poteva perciò sposare né uno schiavo né un uomo libero, ed era molto promiscua; i rabbini, da allora fino ad oggi, si sono ben guardati dal giudicare male la donna, in quanto hanno ritenuto il suo comportamento imposto dalla disperata situazione in cui viveva - ed i contemporanei alla donna, quelli di cui parla il Talmud, imposero al proprietario della quota di schiavitù della donna di emanciparla, in modo da renderla completamente libera e permetterle di sposarsi, facendola uscire dalla situazione di "oness rahmana patrei = costrizione che merita pietosa concessione".

Il ragionamento dell'autore della pagina, rav Zev Farber, non è senza difficoltà difficili da riassumere in una pagina web, e lo stesso autore ritiene che non possa essere usato per sostenere il matrimonio arcobaleno; ma perlomeno dovrebbe evitare agli ebrei omosessuali di sentirsi dei peccatori solo perché vivono la loro sessualità nell'unico modo a loro possibile - e questo purtroppo espone un'altra debolezza: se la persona, anziché omosessuale è bisessuale, non può definirsi "costretta" ad avere solo rapporti omosessuali, e quindi non ha scuse se ha rapporti omosessuali anziché eterosessuali. Anche questa volta, i/le bisessuali pagano il dazio dello sdoganamento degli omosessuali. Oy vavoy!]

A che età hai compreso la tua identità sessuale?

"A 10 anni sentivo di essere diverso. Ad 11 mi sentivo  talvolta minacciato da gruppi di ragazzi. A 12 ero eccitato dall bellezza di uno dei miei cugini. Quando mio padre mi portò al club ebraico maschile, e vidi dei maschietti camminare per il club nudi, ero impaurito ed eccitato. Durante la mia adolescenza, l'età in cui gli ormoni esplodono, non osavo provare attrazione verso gli uomini. Non avevo le parole per spiegarla o definirla. Quando vidi un adolescente maschio nudo nello spogliatoio, arrossii. Nella mia coscienza non c'era la categoria dell'omosessualità. 'Faggot [= checca]' e 'gay' erano termini usati per definire dei tipi buoni a nulla e per niente atletici. Nei sobborghi di Columbus, Ohio, nel 1973, questo non era uno scenario possibile.

È per questo che sei diventato osservante all'età di 15 anni?

Ebbi una discussione con mia madre, che insisteva che andassi con loro in macchina in sinagoga. Per farla arrabbiare, andai a piedi con degli amici alla sinagoga ortodossa. Rav Joseph Vilensky mi invitò per il pranzo del Sabato a casa sua, e ci andai soltanto per preoccupare mia madre [di sabato un ebreo ortodosso non guida la macchina e non usa il telefono se non per salvare una vita - quindi il rabbino non avrebbe avvertito la mamma di Greenberg che il figlio avrebbe pranzato con lui]. Con mia sorpresa, il rabbino mi propose di studiare con lui ogni sabato pomeriggio. Portai un altro amico, e ci iniziò alla cultura ebraica e ci adottò nella sua congregazione. La vita in America, specialmente nel Midwest, era proprio noiosa. C'erano solo le partite di football e le ragazze, mentre rav Vilensky parlava di significato e scopo. Mi attraeva tutto questo,  e divenni religioso. Mia madre pensò che io fossi posseduto dall'anima del mio bisnonno [che, precisa l'autrice, era religioso].

'Destinato ad essere rabbino'


Greenberg crebbe in una famiglia Conservatrice in un sobborgo del Midwest. Sua madre, Fran Zilberstein, era nata a Parigi ed era sopravvissuta alla guerra con l'aiuto di una famiglia cristiana che l'aveva nascosta ai nazisti. Alla fine della guerra, dei membri della famiglia aiutarono Fran, che aveva 11 anni, e sua sorella (i genitori erano morti) ad andare in America. Greeenberg ama raccontare la storia della sua bisnonna paterna, che inscenò una rivolta in sinagoga quando agli ebrei comunisti fu impedito di entrare a pregare il giorno di Yom Kippur. "La mia bisnonna tirò fuori di tasca sua i soldi per comprare due Rotoli della Torah e fondò una nuova sinagoga in città. La mia lotta per l'accettazione dell'estraneo e dell''altro' con tolleranza e compassione è influenzata da lei e dal fatto che mia madre fu salvata da dei cristiani che rischiarono la vita per lei. Oggi ci sono 36 sinagoghe ortodosse [negli USA, precisa l'autrice] che accettano tutti gli ebrei, gay ed etero."

Sua madre divenne un'agente immobiliare, suo padre, Dan Greenberg, era un uomo d'affari. Ebbero quattro figli. "I miei genitori non sono gente facile. Mia madre ha durato fatica a venire a patti con la mia identità sessuale, perché ho preso il nome di mio nonno morto ad Auschwitz, ed ero destinato ad essere rabbino."

Nel suo libro egli descrive il suo processo di coming-out, che descrive come lo stare sull'orlo dell'abisso, verso i suoi genitori ed altri tra le sue conoscenze più strette. Nel 1978, a 22 anni, venne a New York per iniziare i suoi studi rabbinici e tentare di sposarsi. Si innamorò di una donna, ma non fu turbato dal non sentire alcuna attrazione sessuale per lei.

Alla fine, nel 1985, mentre era rabbino nella comunità di Roosevelt Island, un amico gli chiese se era gay. Come scrive nel libro, "Sorpresi me stesso annuendo. Un gran peso mi era stato tolto di dosso. Quasi svenni." Egli dice che ebbe per un po' di tempo un partner maschile, ma per altri cinque anni continuò ad avere degli appuntamenti con delle donne, con l'obbiettivo di sposarsi. La paura che, da gay avrebbe dovuto abbandonare l'ebraismo ortodosso lo indusse a scrivere l'articolo su Tikkun ed a porre il quesito se era sostenibile la combinazione dell'essere gay ed essere rabbino.

Nel 2000, un anno dopo l'intervista di coming-out su Maariv, Greenberg prese parte al documentario Trembling before G-d (diretto da Sandi Simcha DuBowski). Sua madre, intervistata per il film, non avrebbe mai immaginato che lo avrebbero proiettato nella sua città di Columbus, Ohio. Nel film, ella dice quanto brillante era suo figlio Steven - come disse la sua prima parola ad appena sette mesi; e di come a soli tre anni discuteva già con suo padre le notizie che leggeva sul giornale; e di come, alle medie, cominciò ad osservare la kashrut e gli venne il pallino dell'ebraico e degli studi ebraici. Quando lei osservò che stava diventando troppo pio, egli le rispose che era buono per lui. Lei riferisce che un giorno le telefonò per dirle che aveva rotto il fidanzamento, e che stava arrivando a Columbus da New York. La sua allarmata madre temette che lui volesse trasferirsi in Israele. Invece, era venuto a dire ai suoi genitori che era gay.

"Quando il film fu proiettato a Columbus, mia madre decise di fuggire. Nemmeno i suoi colleghi di lavoro sapevano che suo figlio era gay. Lei chiamò la sorella in Florida e le disse che stava venendo a visitarla, ma mia zia le disse: 'Sta' a Columbus e sostieni tuo figlio.' Ogni notte mia madre stava al cinema come una diva e salutava tutti. Ora vede che sono al sicuro e felice, ed ama Amalia, ma sospetto che lei vorrebbe che la mia situazione personale fosse diversa."

Il libro solleva la questione se l'omosessualità è in qualche modo la volontà di Dio.

"Nella Torah ci sono diversi generi, tra cui l'uomo, la donna, l'androgino e l'ayalonit [la grafia giusta è aylonit] - una donna con alcune caratteristiche mascoline che è menzionata dai saggi del Talmud [bYevamot 80a, ecc.], che avevano anche molto da dire a proposito dell'androginia. Si pone questa domanda: Come possono i saggi avere l'autorità di parlare di un genere di cui non si scrive esplicitamente nella Torah? La risposta: In verità, un genere simile c'era. Una certa percentuale della popolazione era attratta da membri del proprio sesso. È il modo in cui Dio crea gli esseri umani, con una minoranza non patologica tra loro. Io dico ai rabbini: non vi sto chiedendo di cambiare l'halacha, ma di prendervi la responsabilità di tutti gli esseri umani, compresi quelli nati gay."

E che dicono i rabbini?

"Rav Yosef Kanefsky di New York ha pubblicato lo scorso dicembre un articolo d'opinione che affermava che il comunicato del Rabbinic Council of America (RCA) [datato 29 Novembre 2012 - leggetelo qui] costituisce una svolta coraggiosa poiché riconosce che non c'è alcuna prova che le terapie riparative [l'autrice si premura di precisare che sono una tecnica psicoterapeutica che alcune organizzazioni religiose o politiche sostengono che sono capaci di 'curare' l'omosessualità] sono efficaci e perciò non c'è alcun obbligo di seguirle. Questo è quello che ha scritto ([in questo articolo] del Jewish Journal di Los Angeles): 'La comunità [ortodossa, precisa l'autrice] sta prendendo atto che l'omosessualità potrebbe essere semplicemente parte della condizione umana. Pertanto, abbiamo riconosciuto che gli omosessuali non devono più pagare il prezzo psicologico, emotivo, ed alle volte fisico, del nostro comfort teologico. Noi abbiamo in effetti designato la nostra questione teologica come un teyku [l'autrice traduce con "patta", in cui nessuna delle opinioni proposte vince,  ed anzi la soluzione potrebbe essere umanamente impossibile] di cui occorre tuttora trovare la risposta. Ma una questione che non ci impedirà, nel frattempo, di vedere la verità umana davanti ai nostri occhi.

E questo da un rabbino ortodosso della Yeshiva University. La gente comincia a capire che non c'è un solo tipo di sessualità. In passato, uno dei sommi saggi ebrei della nostra generazione, rav Moshe Feinstein, descriveva l'omosessualità come una deliberata ribellione contro Dio, e come una malattia, ma ora è percepita come una normale differenza. Tu hai opinioni di sinistra ed io sono di destra. Tu hai gli occhi castani ed io li ho blu. Siamo semplicemente differenti."

I testi biblici riflettono in gran parte la realtà in cui furono composti. Come si possono prendere alla lettera ed applicare alla realtà del 21° Secolo?

"Per una persona religiosa, il testo è eterno e vivente, e non è passibile di un'interpretazione sola. Un detto dice: 'La Torah ha 70 facce' [Bamidbar Rabbah 13:15]. Il testo è tuttora vincolante, ed io sento le parole di Dio che mi chiamano. Ma io le odo in modo diverso perché vivo in un tempo diverso. Non è possibile capire il testo ignorando le persone della strada. Devono essere udite, e se i rabbini non ascoltano le storie che ognuno di noi porta con sé, faranno fatica a comprendere il testo. [Io, Raffaele Ladu, mi permetto di osservare che anche nella Lettura Popolare della Bibbia così come praticata nelle Comunità Cristiane di Base europee, e soprattutto nelle Comunità Ecclesiali di Base latino-americane, "si legge la Bibbia partendo dalle proprie realtà e lotte comuni". In queste comunità non ci sono un esegeta di professione che insegna e dei fedeli che imparano: tutti insieme si scopre il testo] Il processo di cambiamento è iniziato. I rabbini hanno smesso di rispondere aggressivamente ai gay. La nostra strategia è entrare nel discorso halachico, ed è quello che ho fatto nel libro."

Che significa?

"Se io prego in una sinagoga ortodossa in cui pensano che gli omosessuali sono persone disgustose e spregevoli, solo perché ci entro mi metto in pericolo e coopero alla mia stessa umiliazione. Io propongo un'altra possibile lettura dei versi del Levitico (che proibiscono i rapporti omosessuali) in modo che io li possa accettare. Non m'importa se i rabbini concordano con quest'approccio. La questione è se io posso leggere il testo in un modo che non mi faccia odiare me stesso. Ed io propongo di leggerlo come amore tra due uomini, e non come è descritto, come un atto di violenza, umiliazione, idolatria."

Hai scritto nel libro che gli ebrei ortodossi americani moderni non sentono la medesima paura dell'omosessualità e [non la vivono più come] una minaccia morale come in passato. Ed in Israele?

"Rav Dr. Aharon Lichtenstein, il capo della Yeshivat Har Etzion, ha dichiarato sei mesi fa (nel Dicembre 2012) che lui è contro l'omosessualità. Ma lui pensa proprio che sia una cosa da trattare con maggiore sensibilità ed onestà. Egli ha chiesto, ad esempio, perché mai accettiamo [nelle sinagoghe e nelle comunità] persone che profanano il Sabato, tradiscono il coniuge, e così via, così come sono, senza giudicarli. Ha detto che tutta questa [dis]approvazione che viene scagliata contro gli omosessuali dovrebbe invece essere diretta a queste altre categorie di trasgressori.

Sarebbero soddisfatti i rabbini di una soluzione che facesse abbandonare ai gay ebrei ortodossi alcune specifiche pratiche sessuali contrarie all'halacha, ed evitasse loro perciò di violare il divieto?

Possono i rabbini sposare una coppia [etero] che non si recherà al mikveh [l'autrice traduce: bagno rituale] e non osserverà le norme di purezza familiare [ovvero quelle sui rapporti sessuali nella coppia]? In fondo, anche questo è vietato. Eppure sono disposti a lasciare che la gente conduca la propria vita privata secondo la loro propria iniziativa religiosa, [facendone una questione] tra loro e Dio. E perché non ci trattano allo stesso modo? Loro ci diranno quello che è permesso e quello che è proibito dall'halacha, e noi, i membri della comunità gay, lotteremo su questi versi e creeremo una vita sessuale santa nella nostra camera da letto proprio come fanno gli etero. Non chiedo altro che noi siamo trattati come una qualsiasi coppia etero. Il rabbino vi dirà come osservare la legge, voi farete del vostro meglio, e nessuno indagherà su quello che accade nella vostra camera da letto.

I baci dei begli uomini


Il libro di Greenberg si divide in quattro parti: testi sacri, testimonianze, spiegazioni, e discussioni. La prima sezione si focalizza sui testi biblici che riguardano la sessualità ed il genere, la creazione di Adamo ed Eva, le origini del genere e della passione, e si concentra su tre incidenti sessuali del Libro della Genesi che indirettamente sfiorano i rapporti omosessuali. Nella seconda sezione, rav Greenberg tratta di due racconti  di amore tra uomini, uno biblico, di Davide e Gionatan, e l'altro rabbinico, di rav Yochanan e Resh Lakish. Nella terza parte, Greenberg torna alla proibizione fondamentale di Levitico 20, ed offre una risposta al perché la Torah si turba tanto per il sesso tra maschi ma non tra femmine. Nell'ultima sezione, l'autore propone una via giuridica che consentirebbe una gestione più compassionevole del problema dell'omosessualità tra gli ortodossi, e dei suggerimenti su come le sinagoghe e le comunità religiose possono diventare più accoglienti verso coloro che sono diversi.

Greenberg scrive che non ci sono racconti espliciti di atti omosessuali, né nella Bibbia né nel Talmud, ma ci sono espressioni erotiche d'amore tra uomini che non sono esplicitamente sessuali. Egli ha inoltre studiato approfonditamente le "belle, bellissime" poesie [ebraiche] della Spagna dei secoli 10° ed 11° [se ne è parlato anche qui]. "Il più famoso di questi  poeti era il rabbino Giuda Levita, di cui è ben nota l'opera filosofica Il Cazaro. Levita scrisse delle belle poesie per degli uomini. Poesie di amore maschile. Non ha importanza alcuna sapere se questo amore è stato consumato. Ma solo il vedere che loro riconoscevano l'esistenza non solo del sesso, ma anche della passione e dell'amore.

Alla fine del 10° Secolo, Giuda Levita vinse un certame poetico a Cordova, e Moshe Ibn Ezra, che era già famoso, fu tanto impressionato dal talento del giovane poeta che lo invitò a vivere con lui a Granada e ne divenne il patrono. Questi due poeti del medioevo, dice Greenberg, hanno scritto opere che fanno pensare che nessuno dei due fosse immune dai baci dei begli uomini.

Traduzione e note di Raffaele Ladu

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