venerdì 20 gennaio 2012

Vergognosa discriminazione in Israele


Traduzione di:


(quote)

Pubblicato 02:40 20.01.12 (ora di Gerusalemme)
Ultimo aggiornamento 02:40 20.01.12 (ora di Gerusalemme)

Vergognosa discriminazione in Israele

Migliaia di coppie israeliane sono obbligate a sposarsi all’estero od a vivere un’unione di fatto [common-law marriage] a causa della perdurante capitolazione di tutti i governi israeliani, uno dopo l’altro, al dominio dell’establishment rabbinico.

Editoriale di Haaretz

Il fatto che l’Amministrazione della Popolazione del Ministero dell’Interno impedisca ai coniugi degli israeliani gay di ottenere la cittadinanza è un caso chiaro ed oltraggioso di discriminazione. E le ragioni date dall’Amministrazione per questa norma, comunicate mercoledì al reporter di Haaretz Dana Weiler-Polak, riflettono un atteggiamento primitivo.

A causa di quest’atteggiamento, lo stato non riconosce i matrimoni arcobaleno ai fini dell’acquisizione della cittadinanza, dacché essi “non rispondono ai criteri [israelian] per il matrimonio”. Ciononostante, si premura di riscuotere le tasse ed i contributi previdenziali da codeste coppie come se fossero sposate.

In altre parole, quando si tratta di doveri verso lo stato, le coppie gay sono considerate sposate da ogni punto di vista. Ma quando si tratta dei loro diritti, esse sono definite semplicemente come “conviventi”.

Questo è un doppio standard inaccettabile, caratteristico dei peggiori regimi. Le coppie gay hanno diritto al pieno riconoscimento da parte dell’establishment. Ogni discriminazione basata sull’orientamento sessuale è illegittima, perché viola una libertà fondamentale: il diritto di una persona di scegliersi il compagno di vita senza interferenza da parte dello stato.

La primitive norma dell’Amministrazione della Popolazione crea inoltre delle complicazioni inutili, specialmente per le coppie che allevano dei figli. Se il coniuge israeliano muore, per esempio, il coniuge superstite potrebbe perdere i figli. Poiché non è un cittadino israeliano, non li può adottare, e perciò non sarà riconosciuto come il loro genitore, nemmeno se è lui che li ha allevati.

Lo scorso maggio il primo ministro si è vantato davanti al Congresso USA che Israele – al contrario di tutti gli altri paesi del Medio Oriente – offre piena accettazione alla comunità gay e lesbica. Ma le sue vanterie sono sbugiardate dal fatto che lo stato ha affidato le decisioni sullo status personale di ogni israeliano ad un monopolio ultraortodosso che sta diventando sempre più estremista.

Migliaia di coppie israeliane sono costrette a sposarsi all’estero od a vivere un’unione di fatto [as common-law spouses] a causa della perdurante capitolazione di diversi governi israeliani, uno dopo l’altro, al dominio dell’establishment rabbinico. Data questa realtà, è dura perfino immaginare che lo stato offra completo riconoscimento ai diritti delle coppie arcobaleno.

Per quanto il pubblico israeliano sia aperto e pratichi il “vivi e lascia vivere” – specialmente a Tel Aviv, recentemente votata la miglior destinazione al mondo per i viaggiatori gay – l’establishment sta diventando sempre più mentalmente chiuso. Sta amareggiando la vita di tutti i suoi cittadini, e specialmente di coloro che cercano di diventare suoi cittadini.

(unquote)

Provo a spiegare un attimo un dettaglio che non tutti conoscono: in Israele non c’è il matrimonio civile nemmeno tra gli etero, e le coppie che non vogliono o non possono sposarsi religiosamente devono andare all’estero e chiedere la trascrizione del matrimonio al Ministero dell’Interno.

Il Ministero acconsente sempre, perché è oltretutto obbligato da alcune sentenze della Corte Suprema d’Israele, e concede al non israeliano (purché non sia palestinese, perché qui interviene una legge che è stata fortemente criticata in un nostro blog, nel paese d’Israele, e nella Diaspora) di venire a vivere in Israele; ma quando si tratta di concedere la cittadinanza, nasce la discriminazione tra etero (sì) ed omo (no). 

Queste ed altre notizie che filtrano da Israele fanno pensare che non ci sia affatto identità d’interessi tra persone LGBT e stato d’Israele (come invece sostengono i pinkwashers) – e che questo vada giudicato come ogni paese per quanto riguarda i diritti dei gay: per alcune cose migliore dell’Italia, per altre paragonabile, per altre ancora peggiore.

Il confronto con gli altri paesi del Medio Oriente è utile, ma spesso ci si dimentica che Israele è un paese OCSE ed è una democrazia, quindi è inevitabile che lo si confronti innanzitutto con i paesi simili a lui – Balotelli, per dimostrare le sue doti, non si mette certo a giocare a calcio con me!

Raffaele Ladu

Nessun commento:

Posta un commento